La Quarzite, l'oro del Mombracco
La pietra è della terra,
ma quando viene lavorata
riceve il cielo e diventa architettura.
La Quarzite di Barge è conosciuta da secoli quale ottimo materiale soprattutto per la realizzazione di pavimentazioni e anche per lastre da tetto (lose). Materiale raro e pregiato, adatto ad un utilizzo sia strutturale che decorativo grazie alla varietà dei colori (giallo oro, verdognolo e grigio) che ne costituiscono la caratteristica estetica fondamentale. Questi colori, usati in associazione, dipingono in modo naturale le architetture conferendone al contempo un aspetto di leggerezza e solidità. Nota fin dal '200 come "La Bargiolina", è riconosciuta dagli esperti come una pietra esclusiva che non ha eguali nell'aspetto estetico, nel tatto e nelle caratteristiche fisico- meccaniche. Questa pietra, unica al mondo, viene estratta nella località Le Piane, localizzata sulla vetta del Mombracco.

Copertura in lastre di Quarzite sulla cupola della Basilica di Superga.
La Quarzite di Barge nella storia.
Il rapporto dell’uomo con la pietra del Mombracco ha inizio già nella preistoria. A raccontarcelo sono le decine di figure incise a forza nei grandi massi disseminati su tutto il monte, e le coppelle di difficile interpretazione. Non sappiamo se la pietra ebbe un ruolo nell’economia locale prima del Medioevo; probabilmente già gli antichi romani (che nel 45/44 a.C. fondarono l’importante centro mercato FORUM VIBII-CABURRUM, l’attuale Cavour) conoscevano le qualità di questa rara pietra. Fu però dal 1200 circa che cominciò una vera e propria coltivazione della Bargiolina; gli abilissimi scalpellini ricavavano lastre dai blocchi estratti in cava, sfruttandone la scistosità (la caratteristica della pietra di sfaldarsi facilmente) per farne lose adatte alla copertura dei tetti, o lastre più piccole per i pavimenti, dando vita ad un vero e proprio “commercio”. I primi dati certi sul suo utilizzo risalgono al 1374; sono di
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Pavimentazione in quarzite.
quell’anno gli statuti concessi da Amedeo VI di Savoia alla cittadina di Barge, nei quali veniva ordinato di mantenere in buono stato i sentieri che portavano dalla città alle cave sul Mombracco. L’uso venne incrementato sempre ad opera di un altro Savoia, Ludovico: colui che acquistò la Sindone e vietò ai cittadini bargesi le coperture in legno o paglia all’interno del concentrico. Anche il grande Leonardo da Vinci conobbe la Quarzite, e lo dimostra una tavoletta datata 5 gennaio 1511.
"Monbracho sopra Saluzo, sopra la certosa un miglio a piè di Monviso a una miniera di pietra faldata la quale biancha come marmo di carrara senza macule che è della durezza del porfido, odpiù delle quali il compare mio maestro benedetto scultore a impromesso donarmene una tabulletta x li colori. Adì 5 genaro 1511".
Lose, lastroni per i balconi, colonne, fino ad arrivare come protagonista nella magnificenza del Barocco piemontese, attraverso una vicenda quasi casuale dai risvolti ricchi di storia. Era il 1728, il giorno di Pentecoste, e a Barge erano in corso i lavori per rendere più moderna la chiesa parrocchiale. Quella mattina una parte del tetto e delle pareti crollò rovinosamente al suolo. Il Consiglio comunale convocò allora l’architetto, Francesco Gallo, perché redigesse una perizia da usare nella causa contro il progettista. Gallo però era un uomo ambizioso, e colse l’occasione per proporre la costruzione di una nuova chiesa, più grandiosa di quella in opera.
L’architetto voleva sperimentare qui alcune ardite soluzioni che avrebbe poi inserito nel suo progetto per il monumentale Santuario di Vicoforte. I lavori durarono dieci anni. Forse per abbassare gli altissimi costi, venne impiegata la pietra bargiolina. Ai Savoia, feudatari di Barge, la pietra del Mombracco piacque così tanto che la vollero per i propri palazzi. Tra il XVII ed il XVIII secolo le cave lavorarono a pieno ritmo per soddisfare le esigenze di grandi architetti quali Guarini, Juvarra, il sopra citato Gallo ed Alfieri, in utilizzi che ancora oggi abbelliscono il nostro territorio: dalle Torri Guariniane del Castello di Racconigi al salone del primo parlamento subalpino di Palazzo Madama, dalla Palazzina di caccia di Stupinigi alla Reggia di Venaria senza dimenticare la Basilica di Superga, solo per citare i principali siti locali.
Nella seconda metà dell'Ottocento a Barge venivano prodotti 3500 carri all’anno dalle oltre 30 cave e agli inizi del Novecento la quarzite veniva commercializzata nel Nord Italia ed esportata in Russia e Sud America. Come la storia delle grandi dive, anche la Bargiolina purtroppo ha il suo periodo oscuro, negletta, dimenticata, ed infine riutilizzata per scopi totalmente diversi da quelli a cui era stata originariamente destinata, sottovalutandone totalmente le qualità decorative. Alla fine degli anni '20 le cave vennero acquistate da una ditta svizzera che cominciò uno sfruttamento a fini industriali del materiale, la preziosa quarzite veniva macinata per essere trasformata in scaglie e sabbie di quarzite e utilizzata come materiale abrasivo (grazie all’altissima quantità di quarzo) per svariati usi tra i quali per esempio: il rivestimento per i cilindri dei mulini di cemento, come polvere per la pulitura delle canne dei cannoni ed anche, come componente delle paste per dentifrici.
Documentario sulla quarzite.
Successivamente, negli anni '30, con il ritorno dello sfruttamento della quarzite come pietra ornamentale, si ebbe un notevole aumento della produzione che veniva esportata in esclusiva nel Regno Unito e nelle sue colonie. Negli anni del boom edilizio (anni ‘50 fino ai ’70) l'industria poté contare su ottimo materiale di cava; tale periodo costituì il “periodo d’oro” del settore, periodo in cui questo splendido materiale era tornato all’utilizzo per il quale era nato.
Gli uomini e la vita nelle cave sul Mombracco.
Le cave della Quarzite di Barge.
L’ambiente estrattivo della Quarzite di Barge si colloca sulla spianata che costituisce la cima del Mombracco dalla quale si abbraccia, come da una grandiosa balconata, tutto il Piemonte occidentale. In tale contesto si inseriscono le cave di pietra che con le loro variopinte pareti rocciose contrastano la morfologia circostante dolce e poco acclive.
La durezza della pietra è metafora del lavoro e della vita degli uomini del Mombracco in ogni epoca. La storia delle cave comincia nel lontano Medioevo e fino all’inizio del 1900 niente potè sostituire la forza del lavoro manuale, e così sul Bracco, per secoli, le stagioni dei “picapere” (i cavatori) trascorrevano con un martello in mano in mezzo a un mare di pietra. Le condizioni di vita e di lavoro erano durissime, il lavoro minorile era la norma (i bambini dagli 8/9 anni affiancavano i padri), gli infortuni erano molto frequenti e gravi, ad essi si aggiungevano l’alto tasso di silicosi, il mal d’la pera, e le artrosi causate dai pesi trasportati.
I cavatori, per la maggior parte dipendenti pagati a cottimo vivevano tutta la settimana in una baracca presso la cava e scendevano a valle solo il sabato e la domenica. Chi non abitava sul monte o nelle immediate vicinanze, nella stagione del lavoro vi si trasferiva per lunghi periodi, per poi fare ritorno a casa solo con l’arrivo della neve. Le baracche dove alloggiavano, a ridosso delle cave, consistevano in semplici costruzioni, sfruttando anche gli anfratti naturali, le balme, e venivano costruite con materiale di recupero della cava stessa. Quattro mura di pietra ricoperte di loze, arredate poveramente, con alcuni giacigli di foglie o paglia, un tavolo (in pietra) e un caminetto. Essa veniva utilizzata per il riposo notturno e durante i giorni piovosi, quando non era possibile lavorare. Accanto vi era spesso una forgia, piccola fucina utilizzata per rinnovare gli attrezzi usurati. Il lavoro e la vita dei cavatori della Quarzite di Barge erano del tutto assimilabili a quelle dei lavoratori delle vicine cave della Pietra di Luserna.
APPROFONDIMENTO
La Quarzite di Barge è il risultato delle trasformazioni metamorfiche e strutturali alpine di una originaria roccia sedimentaria arenacea di età Pretriassica (225 milioni di anni fa circa), depositatasi nel mare che invadeva il basamento ercinico. La spiccata fissilità (facilità a suddividersi in sottili lastre) deriva da una caratteristica mineralogica ovvero dall'isorientamento planare delle lamelle fengitiche (mica bianca). Petrograficamente la roccia è caratterizzata da una tessitura piano-scistosa e struttura granoblastica a grana fine. Dal punto di vista mineralogico la Quarzite di Barge è costituita quasi esclusivamente da Quarzo più una scarsa quantità di Fengite e Albite.




Il Lavoro del cavatore
L’antico mestiere del cavatore contemplava, in estrema sintesi, cinque fasi fondamentali.
> La scopertura del giacimento
Questa fase iniziale veniva eseguita scavando con mezzi manuali rimuovendo lo strato superiore con l’affioramento dell’ammasso roccioso coltivabile.
> L’estrazione del blocco
Veniva eseguito con l’utilizzo dell’esplosivo. Quest’ultimo veniva immesso in un foro scavato a mano con l’ausilio di semplici attrezzi quali la barramina e la mazza; questa operazione impegnava il lavoro di tre uomini per alcuni giorni o settimane.
> II taglio e la suddivisione dei blocchi in lastre
Il distacco avveniva, (e in alcune cave avviene ancora oggi), utilizzando semplici arnesi quali mazze, scalpelli e leve di varie fogge e dimensioni. Gli attrezzi più utilizzati erano: la mazza e i cunei per il frazionamento del blocco, la mazza e il “bach” per la suddivisione in lastre. L'operazione successiva consisteva nella squadratura e rifinitura delle lastre che veniva eseguita in cava o nei magazzini a valle.
> La forgia
Gli attrezzi utilizzati andavano continuamente rinnovati e ritemprati in quanto soggetti ad una intensa usura; ogni cava aveva un fabbro che rimodellava a caldo gli arnesi e dopo averli sottoposti alla fase di tempratura, li riconsegnava agli operai.
> Il trasporto delle lastre
Il trasporto delle lastre a valle costituiva l'ultima fase del lavoro nelle cave. Esso veniva condotto utilizzando, a seconda dei casi, tre diversi tipi di mezzi:
La lëza
Particolare slitta, con due lunghi manici ricurvi, condotta e frenata da un addetto. I freni consistevano in due staffe metalliche che venivano rilasciate al momento della frenata. La leza era usata lungo mulattiere impervie ed a elevata pendenza (circa 30°).
Il rabêl
Speciale carro a trazione animale con due ruote e due lunghe aste posteriori che strisciavano sul terreno. Possedeva, sulle ruote anteriori, dei freni a leva. Veniva usato sulle strade ad elevata pendenza.
Il carro
Carro a trazione animale con quattro larghe ruote rinforzate e dotate di freni a leva. Era usato nelle strade poco acclivi e di fondovalle.